venerdì 23 novembre 2012

3. “What did not kill me just made me tougher”

Ferrara 23 Novembre 2012. Notte

Terza scheggia. Un po' più lunga questa, la musica questa volta è Sting, da una splendida canzone che si chiama Ghost Story è sull'album Brand New Day. Sono sempre stato molto legato a questo pezzo, tant'è che me lo porto dietro da dieci anni e passa, in questa canzone c'è un qualcosa di indefinito che ti strega...
Comunque qui salta fuori anche una compagna di università, Anna. Anche questo personaggio era ispirato a qualcuno che avevo conosciuto realmente, ma, come sempre quando dalla realtà si passa alla finzione letteraria, ci sono elementi da modificare, particolari da omettere e altri da inventare ex novo. Si capisce che ci sono dei trascorsi anche se vengono omessi, non viene raccontato il primo incontro tra i due ma si viene buttati direttamente nel mezzo del tutto. 
Tornerà prossimamente Anna? Si probabile, vedremo...
 
 
 
 
 
3. “What did not kill me just made me tougher”



Ancora Martedì 16 Gennaio 2001. Notte.


Era un classico, mi trovavo a scrivere solo quando non era il momento; quando era tardi e quando sarebbe stata ora di andare a dormire. Era sempre così, la fantomatica “ispirazione” dello scrittore era inopportuna, arrivava solo quando ero sotto pressione o quando avrei avuto mille altre cose più importanti da fare piuttosto che stare seduto alla mia scrivania a scrivere su di un foglio bianco con i buchi.
Domani sarebbe stata una giornata pesante. Avevo la seconda parte di un esame di Geografia Politica. Ovviamente ero impreparato.
Era un test a domande aperte, sei per la precisione, ma non riuscivo minimamente ad immaginare che cosa potessero riguardare nello specifico; userò il buon senso e le mie conoscenze pre-assimilate sperando nel meglio. Dovevo totalizzare almeno sette punti che si sarebbero andati a sommare agli undici dalla prima parte dell'esame, solo così sul libretto il voto, minimo, sarebbe stato un 18. Non speravo in niente di più, ogni tanto nella vita bisogna accontentarsi, è segno di maturità raggiunta, così dicono.
Tutta la “vita adulta” è un compromesso, con posizioni estreme non si arriva da nessuna parte, gli estremismi e tutti gli -ismi sono da evitare assolutamente, e se l'ho capito io a ventun'anni, fidatevi è triste ma è inesorabilmente così, e prima lo si capisce meglio è, il “volere tutto e subito” è purtroppo solo un'utopia di un'adolescenza egoista e viziata, non esiste il bianco o il nero, la vita è tutta una sfumatura. Bisogna sempre cercare una via di mezzo, e, credetemi, non è un segno di debolezza o di mancanza di valori e principi, come spesso ci dite, tutt'altro è il viatico per condurre una vita matura, la vera forza di un individuo non la si vede nelle soluzione estreme nell'out-out, nell'andare dritti per la proprio strada, ma bensì nel sacrificare alcune scelte in favore di altre, nel valutare ogni singola possibilità, nello scegliere la strada più difficile nel compromesso. Avere un'idea ed andare avanti con quella, solo con quella, è facile perché ci si auto-convince che è per forza quella giusta, non ci vuole niente a perseguire con il paraocchi solo quella possibilità, il difficile, semmai, arriva quando compaiono i primi dubbi su quella scelta e le prime domande scomode; se le ignori perdi in partenza, devi invece affrontarle, scendere a patti con i tuoi principi e cambiarli se capisci che non possono più avere valore. Dimostriamo di essere intelligenti per una volta nella nostra vita, cazzo.
Forse ero cinico.
Si sicuramente lo ero almeno un po'. Un mia compagna di corso, un' ottima amica, Anna, me lo aveva anche detto giorni prima. Stavamo parlando, o meglio, lei stava parlando, a raffica stile gatling, senza prendere fiato, come è solita fare, ed, io, impotente, ascoltavo. Mi stava raccontando che aveva conosciuto questo ragazzo in biblioteca che sembrava fin troppo gentile nei suoi confronti, pieno di attenzioni. C'erano solo due problemi: lui aveva qualche annetto più di lei ed era fidanzato da almeno quattro anni... Se l'età, a mio giudizio, era un particolare trascurabile, la questione del fidanzamento mi aveva mosso qualcosa dentro.
- Secondo me, ti sta prendendo in giro...- dissi ad Anna, soppesando ogni singola parola in tono lievemente alterato. Stranamente la lasciai per qualche minuto senza parole, una vera impresa, credetemi.
- Perché fai sempre così?- Mi domandò a bruciapelo.
- Così come?
- Si così, mi smonti tutto in quattro e quattr'otto, con due parole, sei proprio cinico.-
Forse aveva ragione lei, ma io la pensavo così. Non volevo si facesse false aspettative. Forse ero nel torto, forse sono malfidente, forse ho preso troppe botte nei denti a soli ventun'anni per permettermi di sperare nella buona fede di determinate persone. Non le dissi niente, non replicai stetti zitto per tutta la mattina. Fino al pomeriggio, almeno.

- E' perché ti voglio bene, e non voglio che tu soffra per un imbecille qualunque...- le dissi poi all'improvviso, davanti ad un caffè, al Caffè del Teatro vicino alla sede dell'università.
- Neanch'io voglio farmi prendere in giro..cosa credi...
- Fosse almeno un imbecille particolare, ma è proprio un idiota qualunque...- continuai con un mezzo sorriso. Anna scoppiò a ridere,risata contagiosa alla quale mi unii.
Cinico.
Chissà. Non so.
Sicuramente reso più resistente da storie passate, storie che hanno cercato di farmi fuori ma mi hanno reso solo più forte. “What did not kill me, just made me tougher” cantava Sting.

Ma, come vi dicevo, qualcosa forse stava per cambiare.
Nel pomeriggio avevo ricevuto un SMS di Cecilia.
Era molto allegra, cioè lo era tramite quello che mi aveva scritto, io me la immaginavo tale. Non so spiegarvelo da quelle parole scritte in piccolo sul display del cellulare, si sprigionava una particolare luce. Mi scriveva per farmi l'in bocca la lupo per l'esame dell'indomani. Dicendomi di non preoccuparmi se non ero preparato, lei, al liceo, non lo era mai eppure se la cavava sempre. Non avevo cuor di dirle che università e liceo erano cose differenti,. perciò mi limitai a leggere. Mi diceva, perciò, di stare allegro, e l'SMS si concludeva con la notizia che tra qualche giorno avrebbe compiuto diciassette anni.
Diciassette.
Ero convinto che andasse per i diciotto, era piccolina in effetti, io ne avrei compiuti ventidue in primavera, ma onestamente non era questo grosso problema.

Per il resto della giornata ci eravamo scambiati squilli vari, ed ora ero qui, seduto, con mille cose che mi frullavano in testa ad un orario improbabile. Provavo uno strano senso di oppressione all'altezza dello sterno, mi mancava anche un po' il fiato, chissà cosa sarà?
Dovevo scaricare la tensione per andarmene a letto tranquillo, decisi di fare qualche flessione, poi ci ripensai e mi misi a disegnare, avevo sempre amato la semplicità di un tratto di matita sul foglio bianco. Riempii fogli per circa un'oretta.
Domani sarebbe stata una giornata particolarmente lunga.
Forse le farò uno squillo prima di addormentarmi, magari Cecilia era ancora sveglia.

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